Ogni tanto mi capita di googlare il mio nome e cognome o il nome della mia associazione CHILDREN OF MENTALLY ILL PARENTS per vedere se per caso non siano usciti articoli di cui non sono a conoscenza o che mi sono sfuggiti. Molto spesso mi capita di trovare vere e proprie sorprese… Oggi ho trovato questo reportage sul TedXNapoli cui ho partecipato come speaker a ottobre. Il video vero e proprio del mio intervento uscirà appena pronto, ma intanto ero curiosa di vedere questo primo resoconto.
Con trepidazione inizio a guardarlo. Parla un primo speaker, poi un secondo, un terzo, poi un quarto (eravamo in tutto dieci)… “Quando toccherà a me?” Inizio a pensare… Ricordo molto bene quel giorno, quando anche io sono stata davanti a quello stesso pannello e a quella stessa telecamera per dire qual era il mio Behind, sentendo forte la responsabilità di dare voce a una realtà spesso taciuta o mal raccontata che tocca tantissime famiglie nel mondo.
Continuo a guardare il video, fiduciosa. Un quinto speaker, poi un sesto… “Mi avranno messa alla fine”, penso. Il settimo, l’ottavo… e poi: il video finisce. Non ci sono.
Eppure ero stata attenta a rispettare i tempi, a non dilungarmi troppo per non rischiare di sforare i tempi ed essere tagliata. Ma non ci sono lo stesso. E mi chiedo perché.
Perché, dato che a me la visibilità personale non interessa e chi mi conosce bene lo sa, ma ho scelto di farmi tramite per un tema che tocca milioni di famiglie nel mondo: quello di noi figli di genitori che soffrono di un disturbo psichico.
E dunque l’invisibilità del mio intervento – che sia dovuta a una svista, a un problema tecnico o a una scelta editoriale, poco importa e a me non è dato saperlo – diventa per forza di cose l’invisibilità del tema stesso di cui mi sono fatta portatrice.
Inizialmente avevo deciso di lasciar correre. Ormai il video è fatto e non può – immagino – più essere modificato.
Ma poi mi sono detta che no, proprio per l’impegno che porto avanti da quasi 10 anni, ovvero fare uscire dall’invisibilità noi figli di genitori con un disturbo mentale, non era giusto stare in silenzio.
Vorrei soltanto sapere perché si è scelto di non dare neanche 10 secondi di spazio a quello che ho detto. Lo chiedo senza alcuna vena polemica, ma con sincera curiosità. Può darsi che sia andata perduta la registrazione o che l’audio sia stato di pessima qualità. Possono esserci mille ragioni. Ma se si è trattato di scelta editoriale, vorrei soltanto poter replicare ricordando che il torto non è a me che l’avete fatto non inserendomi, ma a tante persone che io rappresento.
Il mio messaggio diceva pressappoco così, se ricordo bene (la stanchezza di quel giorno era tanta):
che nel mondo ancora oggi salute mentale e salute fisica non godono della stessa dignità e rispetto e che noi lottiamo contro lo stigma e per una maggiore prevenzione, per i nostri genitori e per noi figli!
Un vero peccato che si sia scelto di tagliarlo. Anche perché non è la prima volta in 10 anni di attivismo per questa causa che mi succede, anche con testate nazionali importanti. Ve ne potrei citare almeno tre. Fatti che sono andati sotto silenzio perché al momento dell’accaduto non vi erano le condizioni per poterlo fare presente pubblicamente. Ma stavolta ho deciso di non tacere, di raccontare semplicemente cosa ho provato guardando questo video stanotte. Per rispetto dell’impegno che ci metto ogni giorno, delle persone che rappresento, per rispetto dei tanti che mi stanno sostenendo da tutto il mondo e che meritano di conoscere le difficoltà con cui mi scontro quotidianamente per portare luce e un nuovo approccio su questo tema. Ostacoli che spesso restano nell’ombra e di cui nessuno, salvo gli amici più stretti, viene a conoscenza.
Qui l’articolo che accompagna il video, a cura di OptiMagazine, che recita così:
“Stefania Buoni ha scosso la platea accendendo i riflettori sul dramma dei figli dimenticati. Sono i minori che si occupano dei genitori con disturbi mentali. Tragedie esistenziali che restano spesso dietro le pareti domestiche con conseguenze devastanti”.
Io però nel mio TEDX Talk ho parlato anche e soprattutto di Resilienza, Coraggio, Forza per cambiare lo status quo e lotta allo stigma e portato un esempio concreto per agire tutti insieme per cambiare le cose in meglio, per noi e le nostre famiglie. Ovvero: come superare e prevenire le tragedie, che già conosciamo. Riportando solo queste ultime è come se il mio speech sul palco non lo avessero neanche ascoltato. Ed è un vero peccato.
Ma sono fiduciosa che in tanti che erano quel giorno ad ascoltarmi al Teatro Trianon Viviani e che si sono emozionati e commossi alle mie parole hanno còlto l’importanza dei miei sforzi per dare voce a chi non può (ancora) averla e abbattere il tabù e il silenzio. Con Passione, Perseveranza e Amore. E quando finalmente sarà pubblicato il video integrale del mio speech spero che il messaggio che ho portato sul palco quel giorno possa raggiungere ed essere di aiuto a tantissime altre persone.
Perché il senso di impotenza e l’inevitabilità presunta di certe situazioni si iniziano a combattere soltanto parlandone. E parlandone in modo pro-attivo, ovvero orientato all’azione. Uscire dal senso di impotenza e fare tutti il nostro piccolo pezzettino per una causa che ci tocca tutti, direttamente o indirettamente.